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Emergenze

Ciad: Inondazioni storiche a N’Djamena, il fiume Chari raggiunge livelli senza precedenti

Le inondazioni in Ciad colpiscono la capitale N'Djamena, con il fiume Chari che raggiunge livelli record a causa delle piogge torrenziali e del cambiamento climatico.

Le inondazioni in Ciad, e in particolare nella capitale N’Djamena, hanno raggiunto proporzioni drammatiche a causa delle piogge torrenziali e della piena del fiume Chari, che ha raggiunto un livello record di 8,18 metri. Si tratta di un evento eccezionale, mai registrato prima, che sta mettendo a dura prova la popolazione e le autorità locali. Rispetto ai precedenti anni, il livello del fiume ha superato di oltre un metro quello registrato durante le alluvioni del 2022, già devastanti per il Paese.

Il quartiere di Tougoudé, situato nel IX arrondissement di N’Djamena, è tra le zone più colpite: le strade sono sommerse e gli abitanti sono costretti a spostarsi in piroga. Interi quartieri sono ormai impraticabili, e la situazione continua a peggiorare, con l’acqua che cresce di circa tre centimetri al giorno. La piena del Chari ha già sommerso i terreni agricoli, distruggendo raccolti, soprattutto di riso, e creando gravi difficoltà per la sicurezza alimentare della popolazione locale. Molte famiglie non riescono a trovare cibo a sufficienza e la loro sopravvivenza quotidiana è in pericolo.

Oltre 600 persone sono già morte a causa delle inondazioni, e circa 2 milioni di cittadini sono stati direttamente colpiti dall’emergenza. Diverse località, come Moursal e i quartieri centrali di Klemat e Kabalaye, stanno subendo danni ingenti. In alcune zone, le acque di scolo si sono mischiate alle acque alluvionali, aggravando la crisi sanitaria.

Di fronte a una situazione che peggiora giorno dopo giorno, il governo ciadiano, sotto la guida del primo ministro Allah-Maye Halina, ha convocato una riunione di crisi il 9 ottobre 2024, con la partecipazione di diversi ministri, dell’esercito e dei sindaci di N’Djamena. Durante l’incontro, Halina ha sottolineato l’urgenza di intervenire con misure pratiche e concrete, dato che “ogni minuto è prezioso”. Il primo ministro ha chiamato alla mobilitazione delle forze di difesa e sicurezza per affrontare le criticità, mentre ha sollecitato le aziende a intervenire con i propri macchinari per costruire argini temporanei e barriere che possano contenere l’acqua.

L’esercito è stato incaricato di supervisionare le operazioni di emergenza, mentre diverse famiglie sono state evacuate. In molti si sono rifugiati oltre le dighe, a N’Dou, che si è trasformata rapidamente in una sorta di campo profughi. Le persone sono state costrette a lasciare le proprie case, senza trovare ancora un alloggio sicuro. Tuttavia, la paura maggiore è che le dighe possano cedere, aggravando ulteriormente una situazione già precaria.

La portata straordinaria delle piogge di quest’anno è collegata al cambiamento climatico. Le previsioni scientifiche per l’Africa occidentale e la fascia del Sahel indicano un aumento della frequenza e dell’intensità delle inondazioni a causa del riscaldamento globale. Nonostante non piova necessariamente di più rispetto agli anni passati, le precipitazioni si concentrano in periodi più brevi e intensi, rendendo difficile per il terreno assorbire grandi quantità d’acqua. Questo fenomeno è stato osservato anche nelle alluvioni del 2022, quando un’analisi ha dimostrato che il riscaldamento globale aveva reso tali eventi 80 volte più probabili e il 20% più intensi.

A N’Djamena, la conformazione del suolo non facilita la gestione delle acque: il terreno è prevalentemente argilloso e impermeabile, mentre l’urbanizzazione selvaggia ha ridotto la capacità di assorbimento naturale. Il fiume Chari, poi, tende a straripare facilmente durante la stagione delle piogge, rendendo la capitale particolarmente vulnerabile. Tuttavia, sono state proposte alcune soluzioni a lungo termine per mitigare gli effetti delle future inondazioni. Tra queste, la restaurazione dei suoli, l’implementazione di infrastrutture per la gestione e l’infiltrazione dell’acqua e il rispetto delle zone inondabili, che potrebbero servire come bacini naturali in caso di piene.

La situazione in Ciad evidenzia la vulnerabilità delle regioni del Sahel di fronte agli impatti del cambiamento climatico, aggravando le già difficili condizioni socio-economiche del Paese. Le inondazioni non solo mettono in pericolo vite umane, ma compromettono anche l’agricoltura, principale fonte di sostentamento per milioni di persone. Senza un intervento tempestivo e coordinato, i danni causati dalle alluvioni potrebbero aggravare ulteriormente la crisi alimentare e la precarietà delle condizioni di vita.

L’adattamento ai cambiamenti climatici e la costruzione di infrastrutture resilienti sono diventati indispensabili per prevenire disastri futuri. Tuttavia, resta urgente una risposta immediata per garantire la sicurezza delle popolazioni colpite e ridurre al minimo le perdite.

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