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Diritti umani

Nigeria, un appello per le sopravvissute a Boko Haram: sostegno, cure mediche e istruzione per ricostruire le loro vite

Amnesty International lancia un appello al presidente della Nigeria per sostenere le ragazze sopravvissute a Boko Haram, chiedendo cure mediche, istruzione e opportunità economiche per ricostruire le loro vite.

(in collaborazione con Riccardo Noury)

In occasione dell’11 ottobre, la Giornata internazionale delle giovani ragazze proclamata dalle Nazioni Unite, Amnesty International ha lanciato un appello al presidente nigeriano Bola Tinubu e al suo governo affinché garantiscano un reale sostegno alle bambine e ragazze che hanno subito atrocità durante il loro rapimento da parte del gruppo armato Boko Haram. Questo appello sottolinea la necessità di fornire cure mediche, supporto psicologico e accesso all’istruzione per consentire loro di ricostruire le proprie vite e superare i traumi subiti.

Le ragazze, per anni, sono state ridotte in schiavitù, costrette a matrimoni forzati, e sottoposte a violenze sessuali, inclusi abusi che hanno portato a gravidanze forzate. Boko Haram, attivo nel nord-est della Nigeria, ha rapito centinaia di bambine e giovani donne, utilizzandole come “mogli” e privandole di qualsiasi diritto o libertà. Queste violenze, che si sono protratte per oltre un decennio, hanno lasciato ferite profonde nelle vittime, molte delle quali, dopo la liberazione o la fuga, sono state completamente dimenticate dalle autorità nigeriane. Spesso ignorate e marginalizzate, le sopravvissute vivono in condizioni di estrema precarietà, senza accesso a cure mediche adeguate, istruzione o opportunità lavorative che permetterebbero loro di riacquistare una dignità e costruirsi un futuro.

Un aspetto cruciale di questa tragedia è la discriminazione che queste ragazze affrontano all’interno delle proprie comunità. Oltre ai traumi fisici e psicologici, devono confrontarsi con lo stigma sociale e il rifiuto da parte delle famiglie, che le vedono come portatrici di vergogna o legate indissolubilmente agli orrori vissuti. Il loro ritorno a una vita normale è ostacolato anche dall’assenza di politiche di reintegrazione efficaci da parte del governo, che ha fallito nel promuovere la loro piena riabilitazione.

Nonostante qualche sporadico tentativo di ricongiungimento familiare, la risposta del governo nigeriano è stata in gran parte inadeguata. Le ragazze hanno un bisogno urgente di assistenza medica specializzata per affrontare i danni fisici e psicologici che la prigionia ha inflitto loro. Inoltre, l’accesso all’istruzione è fondamentale affinché queste giovani donne possano sperare in una vita indipendente e libera dalle violenze subite.

Le sopravvissute hanno trovato il coraggio di parlare, inviando un messaggio chiaro e deciso: vogliono ricostruire le loro vite, ma per farlo hanno bisogno di un concreto sostegno governativo. Amnesty International, attraverso la campagna *#EmpowerOurGirls*, invita la comunità internazionale e i cittadini a unirsi all’appello, esortando il presidente Tinubu a prendere provvedimenti concreti. Tra le richieste delle ragazze vi sono cure mediche adeguate, accesso all’istruzione e opportunità economiche che possano consentire loro di reintegrarsi nella società e superare le terribili esperienze vissute.

Questo appello si basa su obblighi internazionali a cui la Nigeria è vincolata, tra cui la Convenzione sui diritti dell’infanzia e la Carta africana sui diritti e il benessere del bambino, che impongono al governo nigeriano di garantire assistenza, protezione e reintegrazione per le giovani vittime di violenza. Tuttavia, fino a oggi, le politiche governative sono state carenti e incapaci di fornire una risposta efficace a questa crisi umanitaria.

Le storie di queste ragazze, come quella di EE, una giovane sopravvissuta di Maiduguri, mettono in luce il desiderio di voltare pagina e iniziare una nuova vita. “Voglio dimenticare di aver vissuto con Boko Haram. Voglio uscire da questo campo e ricominciare da capo,” ha dichiarato EE, esprimendo il sogno di molte sue coetanee che vivono ancora in condizioni di isolamento e privazione.

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