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Analisi & approfondimenti

La presenza cinese in Africa, in bilico tra economia e geopolitica

Il “dragone” è il secondo partner commerciale del continente africano dopo l’Unione Europea, e il primo della regione sub-sahariana.

Nell’ambito della cooperazione sino-africana, il Dragone continua ad estendere la propria presenza nel continente africano, prendendo il posto dell’Occidente in molti stati in quella parte del sud del mondo. La Cina ha espanso così la cooperazione con l’Africa, diventandone il principale finanziatore e investitore. E’ il secondo partner commerciale del continente africano dopo l’Unione Europea, e il primo della regione sub-sahariana. L’idea che la Cina intende sviluppare è quella di una grande comunità sino-africana capace costruire un futuro fatto di condivisione di interessi e valori, frapponendosi alla posizione dominante dell’Occidente. Questo processo è già stato avviato da molto tempo, facendo sì che la Cina sia ormai destinataria di quasi un quarto delle esportazioni totali dell’Africa, tra cui principalmente materie prime.
La cooperazione, in quanto tale, dovrebbe favorire la reciprocità, tuttavia, almeno per il momento, è per lo più la Cina ad essere economicamente favorita dagli scambi commerciali. I leaders africani, ben consci della cronica situazione di difficoltà finanziaria in cui versano numerosi stati, ripongono tutte le loro speranze in una futura riduzione del deficit proprio grazie alla cooperazione commerciale con la Cina, che è anche il loro primo creditore, in quanto primo finanziatore di fondamentali opere infrastrutturali in territorio africano, come autostrade, reti ferroviarie, centrali elettriche e così via.
Tuttavia, i più critici vedono delle insidie in questa partnership economica, parlando di “trappola del debito”, secondo cui la Cina stipulerebbe accordi di prestito talmente onerosi da rendere difficile la restituzione e consentire così il sequestro da parte di Pechino di beni pubblici strategici in quei paesi inadempienti. Sarebbe un grande problema per gli stati africani quello della sostenibilità dei prestiti, di cui essi hanno grande necessità, tanto da accettare anche condizioni severe. Si tratta di 29,4 miliardi di dollari di crediti e di un pacchetto di investimenti complessivo pari a 50 miliardi di dollari in soli tre anni, promessi nel piano d’azione annunciato da Xi Jinping al Forum di cooperazione sino-africano (Focac) nel 2024. Tra i principali destinatari di prestiti cinesi vi sono Angola, Etiopia, Egitto, Nigeria e Kenya.
Naturalmente, la Cina respinge ogni accusa e, anche in ragione della frenata economica post-pandemia, prospetta un mutamento di strategia volto a confermare l’impegno in Africa, favorendo però investimenti più ridotti e sostenibili sotto vari profili, sia finanziari che ecologici, con una più proficua collaborazione in materia di tecnologie green. Quello che la Cina si propone è di fornire modelli di modernizzazione alternativi per il Sud Globale, non più esclusivamente occidentali, nell’intento di fondare una comunità sino-africana in cui vi sia la condivisione di uno stesso destino.
Accanto alla strategia commerciale, vi è anche quella diplomatica da parte di Xi Jinping, che vede nell’Africa anche un partner fondamentale per ridisegnare una geometria geopolitica altamente variabile in questi anni segnati da conflitti regionali che sono anche teatro di scontro fra superpotenze, in ciò che sembra essere una nuova Guerra Fredda. Quella cinese è stata ribattezzata la “Diplomazia del tappeto rosso”, a partire dall’accoglienza riservata ai leaders africani ricevuti in pompa magna in Cina. Anche questa è una ragione su cui si basa la ricerca cinese del sostegno e consenso africano sullo scacchiere internazionale, ergendosi a rappresentante e difensore degli interessi del sud del mondo, là dove altre superpotenze si sono mostrate deficitarie per incapacità o indifferenza.
Il disegno è quello di un nuovo sistema di relazioni internazionali squisitamente sino-centrico, così come mostrerebbe l’istituzione del Focac, un appuntamento emblematico che si tiene ogni tre anni, durante il quale si cerca di sedimentare questa alleanza. Resta da vedere se l’azione cinese sia di reale solidarietà o miri piuttosto al perseguimento su scala globale dei suoi esclusivi interessi. Per il momento, la Cina è fondamentale per l’Africa e per il suo sviluppo economico e sociale, così come l’Africa è fondamentale per la Cina e le sue mire economico-diplomatiche. L’importante è che il rapporto tra il più importante paese in via di sviluppo, la Cina, e il continente con il maggior numero di paesi in via di sviluppo, con un deficit commerciale complessivo di circa 45 miliardi di dollari, ovvero l’Africa, non diventi tossico e si assesti piuttosto su una cooperazione che promuova uno sviluppo reciproco e sostenibile.
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