Skip to content
Fenomeni sociali e giustizia

Burkina Faso, recuperare l’eredità di Thomas Sankara nella prospettiva di genere

Il Burkina Faso è retto da una giunta militare che si è insediata dopo una serie di colpi di stato. Il Paese è interessato da un conflitto armato che dal 2015 lo contrappone a due organizzazioni jihadiste: Ansaroul Islam, affiliato ad Al Qaeda, e El-Sahel, lo Stato Islamico in Sahel. Si tratta di un conflitto…

Il Burkina Faso è retto da una giunta militare che si è insediata dopo una serie di colpi di stato. Il Paese è interessato da un conflitto armato che dal 2015 lo contrappone a due organizzazioni jihadiste: Ansaroul Islam, affiliato ad Al Qaeda, e El-Sahel, lo Stato Islamico in Sahel. Si tratta di un conflitto che, al 2024, ha già causato la morte di quasi 20.000 persone e l’esodo di due milioni di sfollati. Il susseguirsi dei colpi di stato in Burkina Faso sarebbe da ricollegarsi al diffuso malcontento per l’incapacità dell’esercito di sconfiggere l’insurrezione jihadista che impazza nell’est e nel nord del Paese.
Nella realtà, stenta a completarsi quel processo di transizione che le varie giunte militari dichiarano di guidare e che dovrebbe portare alle elezioni ed al ritorno della democrazia. Di fatto, le elezioni vengono sempre rimandate e i governi delle varie giunte militari vengono procrastinati ad libitum.
Oggi, quello che era uno dei Paesi più pacifici al mondo è diventato il secondo Paese al mondo più colpito dal flagello del terrorismo. Come è noto, la situazione delle donne peggiora enormemente in situazioni di conflitto, che vedono la negazione dei loro diritti più elementari.
Il capitano Thomas Sankara, Presidente del Burkina Faso tra il 1983 al 1987, lottò contro l’imperialismo occidentale, ma la sua rivoluzione fu anche indirizzata contro il patriarcato, in favore dei diritti delle donne burkinabé. Anche Sankara giunse al potere a seguito di un colpo di stato e il nuovo nome per quello che allora era l’Alto Volta fu coniato proprio da lui, che battezzò il Paese come “la terra degli uomini integri”, questo è il significato di Burkina Faso.
Nonostante la matrice militarista del suo governo, quello che fu definito il “Che Guevara d’Africa” si fece portavoce di una battaglia civile e politica di impronta marcatamente femminista. Si trattò del primo esempio – un esempio non confinato al contesto africano – di adozione di una politica statale di contrasto a dinamiche sociali patriarcali fortemente radicate in certe realtà.
Questo politico marxista inviso a Francia e Stati Uniti sosteneva che la libertà del popolo burkinabè non fosse disgiunta dall’incidenza delle donne nella società, cui spettava un ruolo di primo piano. Tale messaggio fu cristallizzato nella sua opera “L’emancipazione delle donne e la lotta di liberazione dell’Africa” e nella sua azione di governo, che si distinse per l’adozione di misure molto incisive come il divieto del levirato, della poligamia, del matrimonio forzato e dell’escissione, l’abolizione della dote, l’introduzione della retribuzione per i lavori domestici e la nomina di donne in ruoli pubblici apicali. Fu un vero femminista Sankara tanto che, durante la sua presidenza, il numero delle ministre raggiunse il 20%. Secondo la dottrina visionaria sankarista, l’emancipazione del Paese rispetto al vecchio dominio coloniale francese non poteva non andare di pari passo con l’emancipazione delle donne. La decolonizzazione del Paese doveva accompagnare la “decolonizzazione delle menti”, perché la libertà dell’Africa passava per la libertà della donna africana.
Thomas Sankara morì assassinato il 15 ottobre 1987 a Ouagadougou, dopo quasi tre mesi dal suo celebre discorso sul debito, in cui accusava l’Occidente di aver ridotto l’Africa a schiava finanziaria.
Quello che di buono è rimasto oggi in Burkina Faso in termini di apporto delle donne allo sviluppo del Paese lo si deve alle politiche messe in atto durante la presidenza di Sankara, che hanno orientato profondamente le scelte politiche anche negli anni successivi. Nel 1990, ad esempio, fu adottato il Codice della persona e della famiglia, che sancisce la parità dei diritti e doveri tra i coniugi e nel 1996, fu introdotto nel codice penale il divieto delle mutilazioni genitali femminili. L’eredità sankarista si è protratta nel 2009, quando il Paese ha adottato una Politica Nazionale di Genere per affrontare le problematiche di genere, e nel 2015, con l’adozione della legge contro la violenza contro le donne.
Purtroppo, il programma di quel comandante visionario stenta a trovare attuazione, specialmente nel contesto di guerra che affligge il Paese ormai da diversi anni. Il matrimonio forzato e l’escissione continuano ad essere praticati, nonostante siano formalmente vietati, e diverse discriminazioni colpiscono le donne, come quella dell’età minima per contrarre il matrimonio, di 17 anni per le donne e 20 per gli uomini.
La situazione attuale in cui versa il Burkina Faso mette ancora più a rischio i diritti acquisiti dalle donne durante la presidenza di Sankara. A seguito dei vari colpi di stato, si è sensibilmente ridotta la presenza delle donne al governo, dove quelle poche presenti dirigono ministeri di rilievo secondario. Anche il numero delle parlamentari donne è notevolmente diminuito.
La crisi umanitaria che dilaga nel Paese ha marginalizzato i problemi di genere, che ormai non sono più una priorità nell’agenda politica. Inoltre, la violenza contro le donne è raddoppiata a causa del conflitto, tanto che le donne vittime di violenza sessuale sono passate dal 57% al 94%. Questi numeri sono lievitati anche in ragione dell’impunità di cui godono i responsabili a causa della perdita di effettività dello Stato, che non riesce più a contrastare i crimini, soprattutto quelli perpetrati dai terroristi. La violenza sessuale è particolarmente diffusa durante i conflitti, in quanto veicola un messaggio sessista e virilista volto a sconfiggere l’avversario attraverso l’impossessamento della donna rivale. Al dominio sui territori si accompagna il dominio sulle donne del nemico.
In questo quadro vengono dispersi tutti gli sforzi profusi prima del conflitto in favore di un’equa redistribuzione dei ruoli tra donne e uomini. Eppure, come confermano molti studi, il coinvolgimento delle donne nella gestione delle crisi ne aumenta le chances per una risoluzione duratura, grazie alla loro attitudine nel rendersi mediatrici di pace. Oggi, l’eredità di Thomas Sankara dovrebbe riacquistare vigore affinché il ruolo che egli attribuiva alle donne nel promuovere la rivoluzione anti-imperialista burkinabé sia trasfusa nell’attuale lotta al terrorismo jihadista.

 

Bibliografia:

  • Magali Bouffandeau, “From the public invisibility of women to their agency: the place of the Sankarist feminist Heritage in Burkina Faso in the face of terrorism”, 17.06.2024, Institute of Gender in Geopolitics, igg-geo.org/?p=19259;
  • Thomas Sankara, Le parole di un vero rivoluzionario, a cura di Cristiana De Bernardis, Sankara, 2018;
  • Thomas Sankara, I discorsi e le idee, Sankara, 2006;
  • Thomas Sankara, Discorsi e interviste del rivoluzionario burchinabé. Vol. 1: Anni 1982-1985, Anteo (Cavriago), 2021;
  • Thomas Sankara, Discorsi e interviste del rivoluzionario burchinabé. Vol. 2: Anni 1986-1987, Anteo (Cavriago), 2021;
  • Thomas Sankara, L’émancipation des femmes et la lutte de libération de l’Afrique, NENA, 2020;
  • Michela Fantozzi, “Thomas Sankara, la rivoluzione burkinabé e l’anti-imperialismo africano”, MicroMega, 2023;
  • Afp, “La giunta militare del Burkina Faso afferma di aver sventato un tentativo di colpo di stato”, Internazionale, 28.9.2023;
  • Antonio Gentile, La terra degli uomini integri. Vita di Thomas Sankara, La Corte, 2021.
Articoli correlati
Torna su