Skip to content
Analisi & approfondimenti

Cina, zero dazi per 33 paesi africani. Accesso duty free al mercato cinese

Si espande l'influenza di Pechino sui mercati africani. 51 miliardi di investimenti e una nuova visione del sud del mondo. Cosa cambierà nel prossimo futuro?

L’annuncio era già stato dato durante il Focac 2024, summit tenutosi dal 4 al 6 settembre 2024 a Pechino, che aveva riunito, attorno al Presidente cinese Xi Jinping, i leader di quasi tutti i paesi africani (tranne Eswatini).

Cina – Africa. Il sistema duty free garantirebbe al continente l’accesso a uno dei più grandi mercati di consumo del mondo, quello cinese appunto, oggi a caccia non solo di materie prime (le esportazioni africane sono allo stato attuale quasi totalmente materie prime e risorse minerarie) ma anche di beni agricoli, di partnership in campo farmaceutico, nel campo medico, in quello industriale e militare.

L’annuncio non passa inosservato, ma vi è una distanza considerevole con la realtà delle cose, il 98% dei prodotti esportati dai paesi africani – infatti – è già esente da dazi cinesi. Eppure la notizia ha esaltato le economie del continente. I leader e gli economisti etiopi per esempio, ritengono questo annuncio come un’opportunità fondamentale per ampliare i loro orizzonti di esportazione.

Tefere Derbew, ambasciatore dell’Etiopia in Cina, ha evidenziato l’immenso potenziale a disposizione per aumentare le esportazioni di prodotti chiave come il caffè e il sesamo. Ha osservato come questa iniziativa offra all’Etiopia una reale opportunità di migliorare il suo portafoglio di esportazione verso la Cina. Facendo eco a questo sentimento, il macroeconomista Merid Tullu ha sottolineato che la politica a tariffa zero potrebbe rinvigorire in modo significativo l’economia dell’Etiopia diversificando le esportazioni, generando occupazione e promuovendo la crescita economica complessiva.

Pechino sta dimostrando un enorme interesse per le economie africane, alle quali, come annunciato proprio al Focac 2024, destinerà da qui ai prossimi anni ben 51 miliardi di dollari di investimenti e finanziamenti in varie forme. Sebbene abbia cambiato punto di vista sulle modalità di investimento (meglio progetti “piccoli e belli”, ancor meglio se strizzano l’occhio alla green economy, piuttosto che progetti immensi, costosi e in balia dai cambiamenti geopolitici ai quali il continente è soggetto) l’ammontare è di 9 miliardi inferiore a quello promesso nel Focac 2018.

Gli sconvolgimenti politici, le pressioni di altri partner strategici, i conflitti, la pandemia e i cambiamenti climatici hanno portato Pechino ad avere un punto di vista più realistico sulle possibilità di manovra e penetrazione nel continente africano. Si badi bene, ciò non vuol dire che la Cina stia facendo retromarcia, ma che il paese stia ripensando il proprio punto di vista sul sud del mondo.

Nella dichiarazione firmata dai capi di stato africani, da quello cinese e dal presidente dell’Unione africana in occasione dell’ultimo summit, emerge fortemente come questi paesi intendano affrontare il futuro in maniera del tutto diversa, un futuro che dovrà tenere di conto il “sud del mondo”, sud del quale la Cina si sente pienamente parte.

La Cina e l’Africa rappresentano un terzo della popolazione mondiale. Senza la nostra modernizzazione, non ci sarà modernizzazione globale“, ha detto Xi Jinping a margine del Focac.

Da una parte Pechino punta a intrattenere relazioni stabili e durature con i partner africani, anche alla luce di iniziative economico-strategiche come la Belt and Road Initiative cinese, nonché a detenere il titolo di partner affidabile dopo le tensioni politiche che hanno interessato la presenza statunitense e francese in molti paesi, soprattutto nel Sahel.

Sebbene le relazioni cinesi con molti paesi africani siano molto composite e multiforme, per quanto la questione del debito sia uno dei nodi cruciali da risolvere ( Pechino è il più grande finanziatore a livello bilaterale per molti stati africani. Durante il vertice di Dakar del 2021 Xi Jinping aveva concordato termini per il rinvio del rimborso per gli stati africani coinvolti, chiedendo inoltre l’istituzione di un’agenzia di rating africana), la sua politica di non interferenza nelle questione interne ai paesi con i quali intrattiene partnership strategiche e il percepito da questi ultimi di un paese sullo stesso piano, fanno la grande differenza con posizioni come quelle occidentali che invece vengono percepite come egemoniche, dominanti.

Del resto i paesi africani hanno bisogno di ridurre il deficit che pesa sulla loro bilancia e l’opportunità di poterlo fare aumentando le esportazioni fa gola a molti. Non a caso durante il vertice di Dakar del 2021 la Cina si era impegnata a importare 300 miliardi di dollari di prodotti africani.

Tutto ciò non basterà se le parti non partoriranno un approccio più collaborativo e interdipendente su molte questioni, che abbia una cura particolare anche delle esigenze del continente africano, che riesca ad intercettare i bisogni delle comunità, e che dia a quest’ultime la possibilità di accedere alle materie ed ai beni che essi stessi producono.

Perché questo è il punto fondamentale: i paesi africani faticano ad accedere a canali di finanziamento che diano loro la possibilità di far fronte ai propri debiti, cosa che li vincola ad intrattenere partnership che fanno pendere l’ago della bilancia verso lo sfruttamento vero e proprio, piuttosto che su rapporti commerciali o strategici più armonici, in cui gli interessi si adeguino alle esigenze di entrambe le parti.

Potremmo avere a che fare con un nuovo tipo di rapporto, tra sud e sud del mondo, fino ad oggi solo ipotizzato; se ciò avverrà dipenderà non soltanto dalla Repubblica Popolare cinese ma anche dai paesi africani che si affacciano al prossimo futuro con vecchi fardelli ma anche con nuove istanze.

Photo credit: XINHUANET

 

 

Articoli correlati
Torna su