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Analisi & approfondimenti

Le lingue Africane nell’era digitale

Tra le più diffuse il kiswahili, la lingua africana più parlata al mondo con oltre 200 milioni di parlanti.

Africanizzare il web in un continente dove esistono 2.000 gruppi etnici e culture diverse, ciascuna con i propri valori, credenze e pratiche è ancora possibile? E’ giusto?

Gli effetti della colonizzazione si faranno sentire sempre di più anche su Internet? Ovviamente   in occidente dominano le lingue occidentali. E in Africa?

L’Africa è attualmente il continente in più rapida crescita nel settore digitale, in tutto e per tutto in mano ai giovani

Il linguista ungherese András Kornai recentemente ha fatto un’osservazione su cui vale la pena riflettere. “Oggi solo il cinque per cento delle lingue del mondo può sopravvivere in digitale”.

Diverse iniziative mirano in qualche modo ad “africanizzare” il web.

Ad esempio in Nigeria (230 milioni di abitanti) esistono da tempo siti web di informazione e cultura scritti in lingua Yoruba, Hausa, Igbo, compresa Wikipedia e Bbc , oltre ai molti profili Facebook ed Instagram.

Lo stesso valga per tutti quei paesi dove è ampiamente diffusa la lingua swahili oggi parlata da circa 200 milioni di cittadini africani.

 

Google sta utilizzando l’intelligenza artificiale per tradurre oltre 1.000 lingue, incluse quelle meno conosciute e a rischio di estinzione. Il progetto, guidato da Jeff Dean e Isaac Caswell, utilizza il modello PaLM 2 per tradurre lingue comuni e rare, coinvolgendo le comunità locali per ottenere dati di qualità.

Solo l’1% dei dati su Internet però riguarda le lingue africane, molte delle quali sono prevalentemente parlate e non scritte. L’obiettivo è quello di preservare le lingue e renderle accessibili, anche in contesti digitali.

Anche se non mancano le polemiche: ad esempio, il vecchio progetto “Free Basics” di Facebook, che limita l’accesso a Internet selezionando i contenuti esistenti, è stato criticato come una forma di colonialismo mascherato da altruismo.

 

Attualmente, il 95% dei dati digitali mondiali passa attraverso cavi di telecomunicazione sottomarini di società private.

In Africa, questa infrastruttura strategica deve   essere completata e Google e Facebook ( ma non solo) stanno cercando di colmare questa lacuna.

Per quanto   la connettività il Progetto Africa2   prevede di completare 37.000 km di cavi sottomarini in Africa   per migliorare la connettività, aumentare l’accesso a Internet e sostenere lo sviluppo di contenuti locali.

Il progetto Africa2  è uno dei più grandi cavi sottomarini di telecomunicazione mai realizzati. Lanciato nel 2020 da un consorzio di otto partner internazionali, tra cui Meta (Facebook), China Mobile International, Vodafone, Orange, e Telecom Egypt, ha l’obiettivo di migliorare la connettività internet in Africa, Medio Oriente e altre aree emergenti.

Questo cavo sottomarino si estende per circa 45.000 km, collegando 33 paesi attraverso 46 stazioni di approdo in Africa, Asia e Europa. Quando sarà pienamente operativo (previsto il completamento alla fine del 2024), il sistema potrà offrire una capacità di trasmissione fino a 180 terabit al secondo (Tbps) su sezioni chiave del sistema. Questo renderà 2Africa il cavo sottomarino più lungo al mondo.

 

Vi è poi Progetto EQUIANO di Google già realizzato lungo la costa occidentale dell’Africa per migliorare la connettività e facilitare l’accesso ai contenuti digitali anche nelle lingue africane.

Si tratta di un cavo sottomarino progettato per connettere l’Europa all’Africa occidentale, con l’obiettivo di migliorare significativamente la capacità di banda e la velocità di internet in questa regione.

Il cavo parte dal Portogallo e si estende fino al Sudafrica, con punti di attracco lungo la costa occidentale africana.

Un’alternativa alle aziende high-tech occidentali viene dalla Cina. Il gigante Huawei ha già costruito 100 cavi sottomarini che collegano Africa e Asia.

La Cina sta cercando di diventare una superpotenza high-tech attraverso un programma nazionale chiamato “Made in China 2025” (MiC2025).

 

Non importa che la popolazione africana per ora sia troppo “povera” per gli smartphone e la connettività: già oggi quasi 300 milioni di africani fanno parte di quella che è considerata la nuova middle class emergente.

Le aziende high-tech stanno lavorando alle soluzioni alternative per costruire un enorme mercato. Queste iniziative – comunque asimmetriche – relative alla disponibilità della banda e del suo controllo da parte di aziende private per alcuni potrebbero richiamare un contesto coloniale.

Perché è noto che la tecnica non è neutra, la tecnologia veicola e contiene già in sé “valori”. Non importa chi ci sia dietro lo sviluppo della tecnologia, alla fine c’è sempre un ‘valore’    che viene in qualche modo trasferito.

La tecnologia è progettata e sviluppata da esseri umani, il che implica che le scelte fatte durante il processo di sviluppo siano influenzate da valori culturali, etici e sociali.

Le società hanno diverse concezioni di cosa sia “desiderabile” o “utile”, e queste concezioni plasmano il modo in cui la tecnologia viene sviluppata e implementata.

Molti paesi africani danno grande importanza alla comunità e alla cooperazione sociale rispetto all’individualismo della cultura occidentale, il che potrebbe riflettersi nel modo in cui le tecnologie  verranno progettate e utilizzate.

In Giappone, per esempio, la robotica è stata sviluppata con un forte orientamento verso l’assistenza agli anziani, in risposta all’invecchiamento della popolazione, un valore culturale legato a quel paese.

 

Per “africanizzare” davvero il web, sarebbe fondamentale sviluppare sempre di più infrastrutture locali e promuovere contenuti “anche” nelle lingue africane. Ciò richiede investimenti in tecnologia locale e sforzi per garantire che le comunità africane partecipino attivamente alla creazione e alla gestione degli spazi digitali.

 

La scelta su come si svilupperà la tecnologia in Africa ha un enorme potenziale trasformativo e non a caso  l’African Union’s Agenda 2063 sottolinea il ruolo della tecnologia e dell’innovazione come fattori chiave per lo sviluppo del continente.

Ma intanto la musica può!

Il fenomenale successo mondiale della musica africana, tra cui l‘Afrobeats, che ha fatto conoscere al mondo le lingue Yoruba, Fon, Twi, Ibo e Swahili, potrebbe avere a che fare con la tendenza a diffondere parte delle lingue africane. O quanto meno a farne conoscere l’esistenza.

Resi popolari dalla star tanzaniana Diamond Platunams di Bongo Hlaba e altri, il Kiswahili (mix di arabo e lingue bantu dell’Africa orientale, il kiswahili è la lingua africana più parlata al mondo) è ora posizionato come una potenziale lingua panafricana.

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Per ulteriori letture su questo tema, ecco un altro articolo su “Focus on Africa”:

Google AI: salvare le lingue africane con la traduzione automatica

 

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