Nell’ultima settimana forti piogge, anche tempestose, si sono abbattute su diverse città del Marocco, con raffiche di vento e locali grandinate, nevicate e freddo intenso. Già da settembre il sud del paese è stato colpito da piogge eccezionali, che hanno provocato le prime alluvioni nel Sahara da almeno cinquant’anni. Tra le dune di sabbia e le palme, vicino a Merzouga sono comparsi insoliti specchi d’ acqua.
La regione è nota per la sua aridità, ma, secondo il governo marocchino, a settembre in alcune aree è caduta più pioggia in due giorni di quanta ne cada normalmente in un anno. Le più colpite sono state le zone di Tata e Tagounite, nel sud del paese.
Le immagini satellitari raccolte dalla Nasa mostrano che tra Zagora e Tata è ricomparso il lago Iriqui, rimasto asciutto per mezzo secolo.
Le piogge intense hanno causato oltre venti morti e hanno distrutto molti raccolti, ma hanno anche riempito i bacini e le falde acquifere, alleviando la crisi idrica provocata dalla grave siccità che aveva colpito la regione e in generale tutto il Marocco nei mesi precedenti.
Ad agosto i fiumi e i cosiddetti ouadi, ovvero i letti dei torrenti non perenni, erano completamente a secco, la terra riarsa e spaccata, i bacini idrici apparivano sotto il livello medio. Tutto il paesaggio, dal nord al sud del paese, era estremamente arido.
Tale era la mancanza d’acqua, come ho potuto constatare, che persino le fontane lustrali della splendida Moschea di Hassan II a Casablanca erano chiuse.
Il 20 settembre scorso Tata, che è a sud-est, è stata vittima di inondazioni devastanti. Le piogge torrenziali hanno travolto un pullman, provocando la morte di 10 persone e 7 dispersi, oltre ad ingenti danni materiali alle vecchie infrastrutture, molte andate distrutte dalla forza dell’acqua. Dopo le forti precipitazioni di queste ultime settimane si sono formati laghetti in molte zone del Maghreb, soprattutto nella regione di Merzouga.
È sicuramente affascinante e anomalo vedere questi laghi nel deserto, il paesaggio è completamente cambiato in pochi giorni e di certo le abbondanti piogge nel sudest hanno ridato speranza a centinaia di migliaia di persone di coltivare e ritornare alle vecchie tradizioni dell’agricoltura.
La neve nel deserto è un evento raro, salutato dalle tribù berbere come un buon auspicio, e in questi giorni è già arrivata la neve persino ad Imilchil, centro del Marocco conosciuto per essere sede principale delle tribù berbere Ait Hdidou. Purtroppo la nevicata delle scorse settimane nelle province di Beni Mellal e Midelt, nelle montagne dell’Atlante, nel centro del Marocco, ha provocato la morte di un pastore berbero, sorpreso col suo gregge dal gelo dell’abbondante nevicata.
Proprio nella stessa zona, nella città centrale di Beni Mellal, lo scorso luglio, un’ondata di caldo estremo aveva ucciso almeno 21 persone in 24 ore.
Dopo sei anni di siccità e un ultimo anno eccezionalmente arido, a settembre sul sud del Marocco sono cadute piogge torrenziali, che hanno contribuito a riempire laghi e falde ormai a secco. Il Marocco ha sofferto per sei anni consecutivi di siccità, con un record di caldo lo scorso inverno, ed è considerato uno dei paesi del mondo più vulnerabili allo stress idrico, con infrastrutture ormai vetuste, che avrebbero necessità non solo di manutenzione, ma di una riorganizzazione completa. Le piogge registrate negli ultimi giorni in diverse regioni hanno sicuramente contribuito all’aumento dei bacini idrici
delle dighe, infatti secondo il Ministero delle Attrezzature e delle Acque, giovedì 31 ottobre 2024 il volume delle riserve ha
raggiunto i 5 miliardi di metri cubi, ovvero un tasso di riempimento del 29,7%. Questo
volume supera di circa cinque punti quello registrato nello stesso periodo del 2023 (24,8%) e fa ben sperare per le riserve idriche per il prossimo anno.
“Fenomeni di questo tipo, che i meteorologi chiamano tempeste
extratropicali, possono cambiare le condizioni meteo locali per mesi o anni”, scrive il Guardian, chiamando in causa il cambiamento climatico dovuto alle emissioni di gas serra.
L’aumento dell’umidità nella regione, infatti, potrebbe alimentare nuove perturbazioni, come sta avvenendo tragicamente in queste ore anche in Spagna, nella zona di Valencia, devastata da una tempesta che insiste sulla regione.
“Nel complesso, ciò che sta accadendo a livello planetario, che ci piaccia o no, è l’effetto purtroppo dannoso del riscaldamento globale”, afferma il dottor Mohamed Said Karrouk, climatologo e professore universitario dell’Università Hassan II Mohammadia. “Le
temperature medie giornaliere sono state superiori alla norma per 279 giorni, ovvero il 79% dei giorni dell’anno” . L’aumento delle temperature e la prolungata siccità, hanno abbassato i livelli delle riserve idriche, rappresentando una minaccia per il vitale settore agricolo”.
“La temperatura media globale continua a salire e difficilmente si stabilizza. Questo è un segnale molto pericoloso e un indicatore molto serio. Perché anche aumentando di pochi decimi di grado, questa evoluzione crea enormi cambiamenti. Questi pochi decimi di grado consumano un’enorme quantità di energia solare che a sua volta sconvolge il funzionamento della macchina climatica rendendola più potente e più veloce», spiega lo scienziato.
Di fronte a questi cambiamenti estremi, c’è ancora chi si ostina a negare che il riscaldamento globale non abbia nulla a che vedere con le crisi climatiche in corso.
Credits photo Giorgia Pietropaoli / Hssayn Ait Atta