Dal gennaio 2012 all’agosto 2023, secondo un nuovo rapporto di Amnesty International, almeno 555 persone sono state vittime di 363 casi di “giustizia della giungla”, ovvero della violenza di gruppi di facinorosi. In oltre un centinaio di casi la vittima è stata assassinata: 23 sono state torturate a morte, 32 bruciate vive, due sepolte vive, le altre accoltellate o uccise a colpi di pistola. Almeno 13 delle persone aggredite erano donne, sei minorenni e due con disabilità fisica o mentale.
Le accuse? Furto, blasfemia, stregoneria o taccheggio.
Le aggressioni sono spesso avvenute in pieno giorno, in aree affollate come parcheggi o mercati.
La distribuzione dei casi non ha risparmiato alcuna zona della Nigeria. Cambiano, caso mai, le “cause”: furto e stregoneria negli stati meridionali, blasfemia in quelli settentrionali con l’approvazione se non la vera e propria istigazione da parte delle autorità religiose locali.
Deborah Samuel Yakubu, una studente di 12 anni dello stato di Sokoto, è stata lapidata e data alle fiamme il 12 maggio 2022. La sua colpa? Era cristiana.
Il 18 giugno 2023, nello stato di River, Martina Okey Itagbor è stata accusata di aver causato un incidente stradale in cui avevano perso la vita due ragazzi. Per la folla che l’ha circondata e interrogata era una strega. L’hanno presa a sassate e torturata, poi l’hanno bruciata viva lungo la strada. Aveva 70 anni e tre figli.
Le forze di polizia hanno una doppia responsabilità: eseguono ben pochi arresti tra gli aggressori e sono percepite da questi ultimi come inefficienti e corrotte.
Anche per questo, col tempo, la violenza della folla è diventata una delle principali minacce alla vita in tutta la federazione.