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RDCongo, le richieste di Amnesty International al nuovo governo

Amnesty International ha sottoposto al nuovo governo della Repubblica Democratica del Congo, per la prima volta guidato da una donna, Judith Suminwa Tuluka, un memorandum in cinque punti sui diritti umani.

Il documento chiama in causa ovviamente anche chi ha nominato la prima ministra, ossia il presidente Felix Tshisekedi, al suo secondo e ultimo mandato, ricordando che durante il primo molte delle promesse fatte si sono tradotte in provvedimenti superficiali, inefficaci e incompleti.

La prima richiesta ha a che fare col conflitto armato, sempre più feroce proprio mentre è in corso il ritiro della missione di peacekeeping delle Nazioni Unite. Amnesty International chiede il pieno rispetto del diritto internazionale umanitario durante le operazioni militari delle forze armate, la protezione dei civili, un’analisi seria e rigorosa delle cause di fondo del conflitto e della violenza tra comunità e la fine dell’impunità per i crimini di guerra.

Occorre poi una profonda riforma del sistema di giustizia penale, dallo stesso presidente Tshisekedi recentemente definito “malato”. Questo significa proteggere e promuovere le libertà di espressione, di protesta pacifica, di stampa e di associazione, porre fine all’uso sistematico della detenzione preventiva e degli arresti arbitrari nonché abolire la pena di morte, ripristinata a marzo per i reati di “tradimento” e “infiltrazione” nelle forze armate.

Amnesty International chiede poi l’abrogazione dello stato d’emergenza nelle province di Ituri e del Kivu Nord, che da misura provvisoria e proporzionale sta diventando la norma.

Tra le promesse mancate del presidente Tshisekedi c’era quella di sradicare la corruzione. È necessario porre fine allo sperpero e alla deviazione di fondi pubblici, causa di violazione di diritti fondamentali quali quelli al cibo, alle cure mediche, ai servizi igienici, all’istruzione, all’acqua potabile e all’alloggio.

Infine, l’espansione delle miniere di cobalto e rame, dovuta alla crescente domanda del mercato globale, sta alimentando, tra sgomberi forzati e inquinamento, una crisi dei diritti umani su larga scala. Il governo dovrà avviare una profonda revisione delle garanzie di legge contro gli sgomberi e nel frattempo, attraverso una moratoria, proteggere le popolazioni colpite.

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