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Speciale Sudan

Sudan, racconto di un mondo che muore

Dal 15 aprile del 2023 il conflitto ha causato la morte di almeno 30 mila persone e lo sfollamento di oltre 10 mila sudanesi

Sarebbe ora che i media occidentali cominciassero a occuparsi seriamente del Sudan e del suo dramma, dato che in quel paese si sta consumando un genocidio che fa impallidire la strage cui stiamo assistendo a Gaza.

Sarebbe ora che, al di là dell’Economist, anche altre grandi testate occidentali si prendessero cura di una realtà che rischia di sfuggirci di mano, salvo poi ricomparire davanti ai nostri occhi sotto forma di profughi e tragedie del mare: orrori cui ci siamo abituati ormai da tempo, come se centinaia di vittime ogni volta fossero un qualcosa di normale.

La vicenda è intricatissima, con una guerra civile palese e devastante fra due eserciti, uno ufficiale, le Forze Armate Sudanesi (Sudanese Armed Forces, SAF), e un gruppo paramilitare, il Rapid Support Forces (RSF), un tempo gestito dal governo, che stanno mettendo a ferro e fuoco l’intera Nazione. La capitale, Khartoum, è ormai una città distrutta. Interi villaggi versano in condizioni disumane. La carestia rischia di provocare, nei prossimi anni, milioni di vittime. Potrebbero esserci conseguenze drammatiche anche per quanto riguarda il Canale di Suez, passaggio essenziale per i commerci mondiali. I paesi confinanti, oltre a essere sotto pressione, temono che l’inferno sudanese possa allargarsi ulteriormente, mettendo a repentaglio i loro fragilissimi equilibri interni. Le potenze globali ne stanno approfittando per sostenere la fazione che ritengono più vicina ai propri interessi. Mai visto, insomma, un simile livello di cinismo e di miopia. Neanche ai tempi della carneficina che nel ’94 colpì il Ruanda, quando la guerra civile fra Hutu e Tutsi provocò circa un milione di morti, si era giunti a un simile punto di non ritorno.

Non se ne parla, ma questo abisso rischia di inghiottirci. L’Unione Europea, infatti, non è attrezzata per far fronte a una simile pressione migratoria. Oltretutto, un collasso del Sudan, uno stato di dimensioni enormi, rischia di provocare quello di altri stati africani, il che genererebbe una destabilizzazione complessiva che, unita ai golpe degli anni scorsi, potrebbe mettere a repentaglio la tenuta del continente più importante dei prossimi decenni. Nessuno ne parla, ribadiamo, ma dalle sorti dell’Africa dipendono quelle dell’umanità. È, difatti, la realtà che crescerà di più a livello demografico e ha un potenziale straordinario in termini di risorse, territorio e prospettive. È l’universo che potrebbe restituire un futuro anche al nostro stanco Occidente. Se dovesse esplodere un nuovo Sessantotto, sappiatelo, accadrà a quelle latitudini. Il calcio sarà africano. La loro musica e il loro cinema stanno già modificando i nostri gusti. Insomma, la rinascita del continente nero, culla della vita umana, potrebbe salvarci dal nostro declino. Anche per questo ignorare una mattanza come quella che sta sconvolgendo il Sudan, dopo aver fatto finta di niente al cospetto della barbarie in Darfur e della secessione del Sud Sudan, è demenziale.

Stavolta quel martoriato Paese potrebbe non avere un domani, e una Siria nel cuore dell’Africa potrebbe avere effetti dirompenti.

A noi, purtroppo, non resta che osservare con sgomento una tragedia della quale sappiamo poco o nulla, come se ciò che accade nel mondo non ci riguardasse, come se potessimo continuare a far finta di niente, come se l’umanità fosse scomparsa dal nostro orizzonte, salvo poi affidarci a populisti da strapazzo e pifferai da quattro soldi quando il male che sta corrodendo il pianeta si manifesta all’improvviso in casa nostra.

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