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Un rapporto ONU svela atroci crimini contro i minori: violenza e sfruttamento senza fine nelle guerre

Di Luciano Bertozzi

“2023- Livelli allarmanti – si legge in un comunicato il Rappresentante Speciale del Segretario Generale ONU sui bambini nei conflitti – di violenza inflitta ai bambini in situazioni di conflitto armato“. Un rapporto del Segretario Generale ONU elenca eserciti governativi e gruppi armati che hanno ridotto la vita di migliaia di bambini in un inferno, responsabili di gravissimi crimini verso i minorenni: uccisioni, mutilazioni, rapimenti per arruolarli come soldati, stupri ed infine, distruzione di scuole ed ospedali.
I dati del Rapporto sono agghiaccianti: oltre dodicimila minorenni sono stati uccisi o feriti (+35% rispetto al 2022), il numero più alto degli ultimi anni, più di 5.000 piccoli sono stati uccisi; 6.000 feriti; 4.500 rapiti e 8.700 reclutati ed utilizzati come soldati; oltre 5.000 casi in cui è stato negato l’accesso agli aiuti umanitari; almeno 1.500 stupri e 1.600 fra edifici scolastici ed ospedali attaccati. Tutti questi orrori sono stati commessi nel corso delle tante guerre in corso, in quella che il Papa chiama la “terza guerra mondiale a pezzi“.

I fanciulli sono stati attaccati nelle loro case, rapiti mentre andavano a scuola, per essere usati come soldati, oltre che utilizzati in prima linea, anche come staffette, guardie, portatori, cuochi, ecc. Anche le ragazzine non sono esenti da questo incubo, destinate ad essere schiave sessuali, talvolta “mogli” dei capi delle guerriglie, sottoposte a gravidanze indesiderate. Addirittura, Boko Haram in Nigeria ha usato le fanciulle come baby kamikaze, in quanto per loro era più facile eludere i controlli.
Non è una novità, le guerre senza fine in atto richiedono sempre nuova carne da cannone e i minori sono facilmente indottrinabili, non chiedono paghe e spesso sono costretti a scegliere se uccidere o essere uccisi.

Questi terribili dati che illustrano la situazione dei più piccoli nei conflitti, non sono aride statistiche perchè dietro ognuno di questi bambini ci sono immani sofferenze e vite rubate.

I dati riferiscono che le peggiori violazioni contro i bambini si sono avute in Israele e Territori Occupati, Repubblica Democratica del Congo (RDC), Myanmar, Somalia, Sudan, Sudan del Sud, Nigeria, Burkina Faso, Mali e Niger. Inoltre, gli arruolamenti forzati ed i rapimenti sono causati principalmente dai movimenti guerriglieri, ma anche da eserciti regolari (Somalia, Siria, Yemen, RDC).

Ancora una volta sono numerosi i Paesi africani coinvolti. Kinshasa è fra quelli più colpiti, con circa 900 fanciulli rapiti e 1.800 reclutati da una quindicina di milizie e anche dall’esercito, con un numero elevatissimo di violenze sessuali, commesse anche dai militari governativi ed un centinaio di attacchi a scuole ed ospedali. Il Paese è da molti anni sconvolto da un conflitto per il possesso del ricchissimo sottosuolo da cui si estraggono materie prime fondamentali per il nostro tenore di vita, ma che generano solo sofferenze nella popolazione locale, cui vanno solo le briciole di tanti affari. In Nigeria, Boko Haram ed altri gruppi armati hanno rapito settecento ragazzi per farne dei militari, centinaia sono stati rapiti dalle scuole e ciò ha fatto crollare il numero degli studenti, del resto gli attacchi agli edifici scolastici ed agli ospedali sono una costante di molti conflitti, in Sudan le Nazioni Unite ne hanno registrati 85, comunque, sia le Forze di Supporto Rapido sia l’esercito di Khartoum hanno commesso atrocità diffuse.
Anche la Somalia è fra i più colpiti. Al Shabab ha arruolato centinaia di piccoli per farne dei militari, ma anche esercito e polizia li utilizzano. Questi ultimi si sono macchiati anche di stupri, attacchi a scuole ed ospedali ed hanno negato l’accesso agli aiuti umanitari. Nell’ex colonia, l’Italia è presente con un centinaio di militari della missione europea EUTM Somalia, per addestrare i soldati di Mogadiscio e con un’altra dei carabinieri per formare la Polizia Nazionale, ma di fronte ad una situazione così grave gli aiuti militari non sono condizionati al rispetto dei diritti umani, né sono stati sospesi, nonostante una plateale violazione del diritto internazionale. Governo e Parlamento fanno finta di niente e così si impedisce anche un eventuale ruolo di possibili mediatori, visto che il Presidente somalo ha aperto, in questi giorni, a possibili colloqui con al Shabab. Del resto, vista l’incapacità di una vittoria militare, l’unica strada percorribile è quella del dialogo, ma l’Occidente insiste sulla risposta securitaria che produce solo lutti e rovine.

In Burkina Faso, dove è presente una missione militare italiana per addestrare l’esercito locale, il Segretario Generale ONU nel Rapporto si dice “preoccupato” per il numero elevato di bambini uccisi o gravemente feriti dalle forze di sicurezza.
In generale le forze di sicurezza governative si sono distinte, secondo il Documento ONU, nel negare l’accesso agli aiuti umanitari, tale violazione è in notevole crescita rispetto al 2022. Gli eserciti regolari, inoltre, sono responsabili del maggior numero di attacchi a scuole ed ospedali ed al relativo personale, unitamente ai gruppi armati sono stati registrati oltre milleseicento casi. Ciò si traduce in inaudite sofferenze per la difficoltà di curarsi e si esclude la possibilità di sviluppo data da un maggiore livello di istruzione.

Un altro aspetto evidenziato dal Segretario Generale ONU è quello dell’elevato numero dei minori detenuti, in Somalia circa trecento, in quanto ritenuti appartenenti ai gruppi armati, ma questi piccoli dovrebbero essere considerate vittime. Altro aspetto di fondamentale importanza è la lotta all’impunità crimini così orribili devono essere puniti, ma ciò avviene in pochissimi casi, ad esempio nella RDC solo in una trentina di casi i responsabili di violenze sessuali sono stati processati.

Pur in un contesto così tragico, va evidenziato il ruolo dele Nazioni Unite che sono riuscite a far liberare, assistere o avviare al reinserimento oltre diecimila ragazzi trasformati da vittime in carnefici. Rimane il problema in Paesi poverissimi ed in guerra da molti anni di dare nuove opportunità di vita a questi giovani per evitare che siano nuovamente arruolati, che diventino banditi o dedite alla prostituzione.

I Paesi occidentali che hanno gravi responsabilità in tante guerre, combattute per procura, dovrebbero finanziare il reinserimento, quale politica di pace e non vendere armi e sostenere dittatori per garantirsi materie prime indispensabili alle nostre economie, ma è evidente che le priorità sono solo quelle di passare ad un economia di guerra con tutto ciò che ne consegue. L’esempio dell’Afghanistan è illuminante, i Paesi Nato una volta fuggiti dal Paese non hanno più aiutato quella popolazione, che avevano illuso con la guerra al terrore per riportare la democrazia imposta con le baionette.

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